Archivio mensile:luglio 2017

Nuccio Loreti, allievo di un grande Maestro.

Si potrebbe parlare di un “passaggio del testimone”neanche tanto ideale, ma è ancora troppo presto. A Mastro Saverio Rotundo, per tutti “U Ciaciu”, auguriamo infatti di vivere e lavorare ancora a lungo – come fa quotidianamente – per quanto venga apprezzato dai più solo oggi, in età non più verde. Anzi, più che passaggio del testimone, ha contato nei mesi scorsi l’incontro fra Nuccio Loreti e “U Ciaciu”. Dopo avere visto le opere di Loreti, ed in particolare il mitico e ormai stra-conosciuto cavallo in ferro, ispirato – per detta dell’autore stesso – al cavallo bianco del Libro dell’Apocalisse, per la sua aggressività e fierezza, Saverio ha concesso a Nuccio Loreti la sua ideale “medaglia d’oro”. Un riconoscimento virtuale, ma di cui andarne fieri per l’autorevolezza di chi lo ha concesso. E anche Vittorio Sgarbi ha dato il suo plauso alle opere di Nuccio Loreti. Sgarbi è stato, dopo il celebre scultore Arnaldo Pomodoro qualche decennio fa, uno fra i grandi personaggi dell’Arte italiana ad accorgersi di un talento come quello di Mastro Saverio, dandogli negli ultimi anni una meritata popolarità a livello nazionale. E dunque non poteva non accorgersi della bravura di un epigono come Loreti, che tanto deve e riconosce al suo precursore. D’altronde Sgarbi, al di là delle sue posizioni spesso discusse anche al di fuori del mondo dell’arte, come critico ed esperto della materia ha sempre dato prova di un ”occhio”, che raramente si è smentito.

Se Saverio Rotundo ha iniziato ha mettere in evidenza la sua vena creativa negli anni Trenta del secolo scorso, da giovanissimo, e quasi per gioco, Nuccio Loreti è entrato a piè pari nel mondo della scultura in ferro. Partendo dal maestoso cavallo e dall’aquila rampante – un’aquila “giallorossa”, ci tiene a sottolineare – Loreti promette di stupire con nuove creazione e riesce a sollecitare e a tenere alta l’attesa con la plasticità delle sue opere. Con “U Ciaciu”, Loreti ha in comune lo stesso mestiere di origine: quello del fabbro. E questo si nota anche senza saperlo, perché basta notare la sensibilità e l’accortezza tecnica nel lavorare un materiale così difficile, ma che al tempo stesso riesce a calamitare l’animus dell’artista verso prospettive diverse e di sicura ispirazione. E la fatica del mestiere, in un fabbro che in un periodo di crisi ha scoperto la sua seconda vocazione artistica, genera un pathos impetuoso che dà alle opere un valore aggiunto e non ne diminuisce affatto l’impronta, già forte e marcata di per sé. Dalle opere e dalla personalità traspare inoltre la figura di un artista colto al di là del suo mestiere e anche fuori dall’ambito della sua arte, perché artisti non ci si improvvisa e solo con una solida preparazione in vari campi – nel panorama dell’Arte Contemporanea – si può lasciare un segno tangibile.

Non si può non augurare, dunque, a Loreti un successo pari e finanche superiore a quello nel suo illustre predecessore e Maestro.

AURELIO FULCINITI