Si è fatto un gran parlare dei Bronzi di Riace all’Expo di Milano. Li portiamo o no? Vanno, o non vanno? Alla fine il conservatorismo calabrese ha vinto e i Bronzi non sono partiti per l’Expo. Ma in fin dei conti i Bronzi non sono greci, ma calabresi. E almeno un artista rappresentante della nostra regione ci doveva essere. E chi poteva esserci meglio di Saverio Rotundo, “U Ciaciu” per chi lo chiama in dialetto, “Il Ciacio” per chi lo italianizza. Il più estroso, anarchico e spesso (a grande torto) misconosciuto degli artisti calabresi. Vittorio Sgarbi può stare anche antipatico, ma come critico d’arte spesso ha visto giusto. E anche stavolta non si è smentito. L’opera di Saverio non la troverete al Padiglione dell’Expo, ma all’esposizione ExpoArteItaliana in Villa Bagatti Valsecchi a Varedo, pochi chilometri di distanza, che si inaugura il 19 giugno, insieme a molti artisti del contemporaneo italiano (e calabrese, visto che U Ciaciu non sarà il solo, ma saranno, ad esempio, ben 10 oltre a lui i giovani artisti catanzaresi presenti). A 92 anni e con qualche problema di salute non di poco conto – anche se le fonti ce lo danno in lieve ripresa –, Saverio si è tolto un’altra grossa soddisfazione. E non è poco per un artista che nella sua città, più di vent’anni fa, è stato osteggiato da gente con un livello culturale quasi rasoterra (per non dire di meno) che aveva tentato di far passare il suo deposito di opere d’arte in via Lucrezia della Valle per una discarica abusiva. Ma per fortuna oltre ai giudici a Berlino esistono anche quelli intelligenti e fu proprio un magistrato a dire che, in effetti, si trattava davvero di opere d’arte – in molti su questo non hanno mai avuto dubbi – e non di spazzatura, come ha cercato di farla passare qualcuno. E si è preso un’ulteriore soddisfazione, Saverio, sommata alle precedenti, per lui che da attempato (e poi diplomato) studente all’Accademia di Belle Arti, si è catturato la simpatia di molti dell’ambiente e l’antipatia di altri. Tutta questione di invidia, di gelosia e di mancanza di carisma.
L’opera scelta per affiancare un evento come l’Expo potrebbe suscitare qualche polemica politica, diciamo, trattandosi di un’opera di grandi dimensioni, come nel genere più classico del nostro artista, e cioè perfino satirica e al tempo stesso riflessiva, dal titolo “Pietà per Mussolini”. Ma è preferibile soffermarsi sull’attività di Saverio che iniziò proprio negli anni precedenti la Seconda Guerra Mondiale, in cui già dava prova della sua abilità creativa. I bombardamenti del 1943 su Catanzaro lo segnarono molto, anche a livello familiare. Ma, soprattutto, la sua è un’opera che smentisce senza ombra di dubbio la diceria più bugiarda di tutte nei confronti del Ciacio come artista: e cioè che egli sia un banale assemblatore di pezzi, un artigiano non creativo. Basterebbe vedere, come è capitato spesso, Saverio impegnato nel suo lavoro di fabbro-artista per togliersi ogni dubbio. Ma U Ciaciu, permetteteci il termine, se ne fotte. Qualcuno gli ha dato anche del copione, quando il suo stile è unico. “Gli artisti sono tutti latri”, ha detto spesso lui, dimenticandosi la lettera d. Ma si è sempre riferito agli altri colleghi, quelli che non avendo abilità particolari nel suo campo hanno preferito sparlare e copiare.
Della sua opera esposta a Varedo sono contenti in tanti, da noi, soprattutto i giovani e quelli che lo conoscono realmente bene. E saranno contenti i suoi amici di Capri, isola dove per diversi anni Saverio è stato praticamente un’attrazione del luogo, ma soprattutto Arnaldo Pomodoro, il celebre scultore milanese di fama mondiale che, anni fa, fu uno dei primi (e dei pochi) ad accorgersi dello spessore del Ciacio.
AURELIO FULCINITI